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L'UMBRIA HA L'INFLUENZA



PERUGIA - Quest'anno l'Umbria è una delle regioni più colpite dall'influenza. I dati dell'Istituto Superiore della Sanità, riferiti all'ultima settimana di rilevamento (12-18 Gennaio), registrano nella nostra regione un'incidenza di 7,82 casi ogni 1000 persone. Siamo al quarto posto, dopo Marche (10,13 casi per mille), Friuli (8,35) e Veneto (7,87). E l'epidemia è in crescita. Ha già messo a letto 1,3 milioni di italiani, e il picco massimo dovremmo averlo da questi giorni in poi, fino a tutta la prima metà di Febbraio. Come accade in ogni stagione invernale, rischiamo quindi di passare almeno 3 o 4 giorni a letto, con febbre accompagnata da una serie di altri sintomi influenzali. Ma vi siete mai chiesti perché continuiamo a prendere l'influenza? Il nome deriva dall'idea che la malattia fosse originata da un qualche influsso astrologico sul nostro corpo. Oggi siamo molto lontani da questi antichi concetti, e conosciamo la causa dell'infezione: i virus. Il sostantivo - in questo caso - è molto più appropriato, ed ha un significato allarmante. E' un termine latino che tradotto letteralmente vuol dire veleno, e contiene la radice vir, simbolo di forza prorompente come nell'aggettivo virile, ma in questa accezione indicativo delle sue sfumature più negative.
VIRUS: VITA (O NON VITA) IN PERENNE MUTAZIONE – I virus sono strani sistemi biologici. Innanzitutto è ancora in discussione la loro appartenenza o meno alla categoria dei viventi. Possiedono un patrimonio genetico, il che indurrebbe a collocarli fra gli organismi, ma per altri versi non possono essere definiti vivi. La loro caratteristica principale è che non hanno la capacità di riprodursi autonomamente. Sono parassiti obbligati, cioè devono entrare all'interno di una cellula estranea per potersi riprodurre. Nella maggior parte dei casi, la struttura dei virus è molto semplice. Quelli dell'influenza fanno parte di una famiglia composta semplicemente da piccole sequenze di materiale genetico (RNA), e da un involucro formato da proteine che protegge i geni. Quello che li rende così insidiosi, è che sono molto frequentemente soggetti a dei piccoli, ma significativi, cambiamenti. L'RNA subisce delle mutazioni, e anche le proteine vanno incontro a delle modificazioni, o vengono sostituite da proteine diverse. Queste variazioni sono sufficienti per determinare nuovi ceppi virali, che il nostro organismo non è in grado di fronteggiare in modo immediato.
ANTICORPI E ANTIGENI: SERRATURE E CHIAVI – Il nostro sistema immunitario – che ha la funzione di neutralizzare i virus – funziona con un meccanismo del tipo chiave-serratura. Ogni serratura (anticorpo) ha una chiave diversa, chiamata antigene, che in generale rappresenta qualunque forma di corpo estraneo al nostro organismo. Nel caso dei virus dell'influenza, gli antigeni sono le proteine che avvolgono e proteggono il materiale genetico. Quando il nostro corpo viene in contatto con antigeni che già conosce, le serrature in grado di accogliere quelle specifiche chiavi sono già pronte. Il meccanismo si attiva subito, le serrature si chiudono, e il virus non è più in grado di utilizzare le nostre cellule per replicarsi. Ma se le chiavi sono anche soltanto leggermente diverse, le serrature non funzionano più. Devono esserne create di nuove. E il processo di produzione di nuovi anticorpi, specifici per gli antigeni sconosciuti, non è immediato. Nel frattempo il virus può agire indisturbato all'interno del nostro organismo. Essere ospitato nelle nostre cellule, ed utilizzarle – alterando la loro originaria funzione o addirittura uccidendole – per replicarsi. A questo punto, il nostro organismo potrebbe già essere così pesantemente compromesso nelle proprie attività fondamentali, da non poter più contrastare lo sviluppo e il dilagarsi dell'infezione.
VACCINI E BIOGENETICA: LE NOSTRE ARMI – Il virus dell'influenza di quest'anno è fra i più insidiosi. Si tratta del tipo A, sottotipo H3N2, analogo a quello che causò la pandemia influenzale classificata Hong Kong – dal luogo di origine geografica - nel 1968. A quei tempi, l'influenza provocò quasi 1 milione di vittime, in parte perché i farmaci in grado di curare la malattia e le infezioni secondarie scatenate dal virus erano meno efficaci di quelli attuali, e in parte perché non erano disponibili vaccini. Adesso i vaccini ci sono. Anche se la caratteristica dei virus di mutare continuamente non permette ancora la messa a punto di un vaccino permanente che possa essere praticato a tutta la popolazione, e debellare definitivamente la malattia, ogni anno vengono preparati nuovi vaccini, sulla base delle informazioni ottenute dai virus precedenti. Alcuni sono composti soltanto da antigeni. In questo caso, ci viene inoculato solo il rivestimento esterno del virus, e non il suo materiale genetico, che è il vero responsabile dei danni arrecati al nostro organismo. Ma gli antigeni rappresentano quanto basta al nostro sistema immunitario per produrre gli anticorpi specifici, ed essere in grado di bloccare il virus corrispondente a quei determinati antigeni, nel caso cercassero di attaccare le cellule del nostro corpo. Altri vaccini invece, contengono il materiale genetico del virus, ma in forma inattiva. L'RNA virale viene modificato attraverso le tecniche della bioingegneria genetica, in modo che non possa alterare le funzioni primarie delle nostre cellule. In questo modo, nel tempo che il nostro sistema immunitario impiega a completare la produzione degli anticorpi specifici, il virus non è in grado di aggredire le nostre cellule per replicarsi.
La più devastante pandemia influenzale che si ricordi fu la Spagnola. Fra il 1918 e il 1920 si diffuse in tutto il mondo, provocando dai 40 ai 100 milioni di morti. Si trattava sempre di influenza di tipo A, ma il sottotipo era H1N1. Oggi, nei laboratori di biogenetica – sottoposti ai più rigidi protocolli di sicurezza – il virus della Spagnola è stato geneticamente modificato, combinando i suoi geni con quelli di alcuni ceppi virali attuali. Questo, allo scopo di comprendere per quali ragioni e in quale modo la Spagnola si dimostrò così altamente letale. Svelare i meccanismi con i quali si propaga una infezione di tale virulenza è di importanza fondamentale per prevenire nuove e così gravi epidemie mondiali. I più recenti risultati in merito, indicano che la Spagnola fu in grado di provocare infezioni profonde - come emorragia ed edema polmonare acuti - in modo diretto, e non in fase secondaria, come può accadere solo in soggetti già debilitati, quando all'infezione virale primaria ne subentra una batterica.
Daniela Querci (da: il Corriere dell'Umbria - 26/01/2009)

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