Argomenti

UN COGNOME PER OGNI DNA. MA PER GLI ANTICHI NOMI UMBRI L'ASSOCIAZIONE NON SARA' FACILE



PERUGIA - Associare un cognome ad un DNA anonimo. E' il futuro prossimo venturo della scienza forense. Quello nel quale ad ogni codice genetico potrà essere probabilisticamente collegato un cognome. Ma tanto più ricorrente è il cognome, tanto più difficile risulterà l'abbinamento. Così a Perugia, i signori Rossi, Fiorucci, Ricci, Moretti, Mancini, Proietti, Bellucci, Rosati, Mariani e Ceccarelli - i cui cognomi sono molto diffusi - avranno solo deboli probabilità di poter essere correlati ad un DNA con caratteristiche univoche. Ma chi di noi sfoggia un cognome raro sarà molto più facilmente associato al codice genetico della propria stirpe. Lo studio, condotto dai ricercatori dell'Università di Leicester, è basato sulla premessa che gli uomini che portano lo stesso cognome abbiano con elevata probabilità un qualche grado di parentela genetica. Una parte del nostro DNA - il cromosoma Y, che caratterizza il sesso maschile – viene tramandato di padre in figlio. Proprio come il cognome. Può quindi esistere un legame fra il nome di un uomo ed il cromosoma Y di cui è portatore. In linea di principio il rapporto sembrerebbe semplice, ma in realtà le cose risultano essere più complesse. I nostri cognomi sono quasi sempre molto antichi, e possono avere più di un capostipite. Fiorucci, ad esempio, è un cognome tipico dell'Umbria, le cui origini deriverebbero dal nome medioevale Fiore. Se ne trovano notizie fin dal 1500 nella zona di Pietralunga. In casi come questo, persone senza legami di parentela possono aver preso in origine lo stesso cognome, e quindi ad esso sarà associato più di un solo cromosoma Y. A complicare e rendere confuse le relazioni possono poi contribuire, nel corso della storia di un cognome così antico, eventi come cambiamenti ed ulteriori derivazioni del nome, adozioni e nascite illegittime. D'altra parte, i nomi rari possono avere un unico fondatore, ed essere quindi associati ad un solo cromosoma Y, che li identifichi dal punto di vista genetico. In tal caso, dall'analisi del DNA appartenente ad un soggetto sconosciuto, si potrebbe risalire con ottime probabilità al nome del portatore. Allo stato attuale, la ricerca inglese - che ha sottoposto ad analisi 2500 uomini con 500 diversi cognomi - dimostra che una relazione fra il nome ed il cromosoma Y esiste davvero. E il risultato non è da sottovalutare, considerando che il centro di ricerca da cui proviene è quello che vanta la scoperta della tecnica attualmente utilizzata per l'identificazione delle persone attraverso il DNA, ossia quella nota come impronta digitale genetica. Va peraltro sottolineato come lo studio - per le stesse premesse su cui si basa - sia applicabile solo a soggetti di sesso maschili.
LE “SCAPPATELLE” DEGLI UOMINI REGISTRATE NEL DNA - mentre alle donne spetta il maggior successo nella trasmissione del patrimonio genetico – Sempre a proposito di DNA, di cromosomi e di uomini. E donne. La notizia è che l'uomo – nel corso della sua storia evolutiva - è praticamente sempre stato poligamo. Lo confermano studi pubblicati su PloS Genetics da ricercatori dell'Università di Tucson, e riportati da Valentina Murelli nell'ultimo numero di Le Scienze. I dati ottenuti dal gruppo di genetisti dimostra che nella specie umana la monogamia è una scelta talmente recente – dal punto di vista evolutivo – da non essere ancora neanche registrata nel nostro DNA. Al contrario, la poligamia - o più precisamente la poliginia (accoppiamento di un solo maschio con più femmine) - sarebbe rimasta inequivocabilmente impressa nel nostro genoma, a testimonianza della lunghissima appartenenza della specie umana a tale pratica. La ricerca si basa sul fatto che il codice genetico femminile è caratterizzato da una coppia di cromosomi XX, mentre quello maschile da una coppia XY. Ogni cromosoma X ha poi al suo interno una variabilità genetica, sia negli uomini che nelle donne. Questa variabilità genetica del cromosoma X è stata confrontata con quella di altri cromosomi non coinvolti nella determinazione del sesso, in un campionario di oltre cento individui appartenenti a 6 popolazioni differenti. E' risultato che il cromosoma X ha una variabilità genetica molto maggiore di quella riscontrata negli altri cromosomi. Ma dal momento che questi ultimi sono presenti in ugual misura nei 2 sessi, mentre il cromosoma X è doppio nelle donne rispetto agli uomini, il risultato sarebbe dovuto essere esattamente il contrario, in una popolazione di individui in cui il numero di maschi e femmine che si accoppiano è lo stesso. I dati sono stati quindi sottoposti alla prova di un certo numero di ipotesi che avrebbero potuto alterare le proporzioni fra i 2 sessi. Ma l'unica soluzione che da sola possa spiegare il fenomeno, è risultata la poliginia. Vale a dire che – nel corso dell'evoluzione della specie umana – pochi individui di sesso maschile hanno generato figli con molte femmine. Una importante conseguenza di questo comportamento è stata che, nel complesso, le donne hanno potuto trasmettere ai discendenti il proprio patrimonio genetico con maggior successo degli uomini.
SELEZIONE E MUTAZIONE PER L'EVOLUZIONE DELLA SPECIE - geneticamente non ha senso distinguere razze diverse nell'uomo – In biologia, l'evoluzione è il cambiamento nel tempo del patrimonio genetico degli individui di una stessa specie, ed avviene attraverso 2 azioni fondamentali: la mutazione e la selezione naturale. La mutazione è una forma di cambiamento determinata dal caso, che ha come effetto quello di rendere una popolazione di individui sempre più eterogenea. Ma nella maggior parte dei casi essa non influisce, o lo fa negativamente, sulla capacità di sopravvivenza e di riproduzione degli individui. La selezione naturale invece, tende ad uniformare il patrimonio genetico di una stessa popolazione, avvantaggiando la discendenza degli individui che presentano le caratteristiche più favorevoli per la sopravvivenza della specie. Mutazioni e selezione naturale devono perciò necessariamente agire di pari passo per produrre un'evoluzione significativa. L'evoluzione è quindi il risultato della selezione naturale sulla variabilità genetica creata dalla mutazione. Come corollario, è interessante notare che nella specie umana il concetto di razza non ha un vero significato biologico, perché la differenza nel codice genetico fra quelle che vengono definite le differenti razze umane è troppo bassa.
Daniela Querci - 10/11/2008

Nessun commento:

Posta un commento