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L'UMBRIA FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI

Oltre a fiumi, laghi e cascate, conta infatti un numero elevatissimo di sorgenti, tanto che potrebbe essere definita a pieno titolo la “regione delle acque”. L'acqua sgorga fra le rocce, lungo i fossi e dentro le grotte. Alimenta torrenti e fiumi, forma polle e laghetti, e zampilla da innumerevoli fonti sparse in tutto il nostro territorio. E ognuna di queste acque ha qualità particolari e storie differenti, in cui tradizioni popolari e leggende si intrecciano ad osservazioni scientifiche, notizie di cronaca e fatti realmente accaduti.



TRADIZIONI E LEGGENDE SULL'ACQUA - A Forfi, una frazione di Sellano, c'è una grotta in cui l'acqua, trasudando dalle pareti, forma piccole vasche naturali alle quali vengono ancora attribuiti poteri rigeneranti. Secondo la tradizione, un malato grave sarebbe guarito lavandosi in queste pozze. La grotta era abitata dal Beato Giolo, un eremita vissuto nel XIII secolo, che si narra avesse ricevuto in carità della brace ardente, e fosse riuscito a portarla nella grotta tenendola nella tonaca, senza che la veste si bruciasse. Alla sua morte, annunciata da eventi miracolosi, gli abitanti dei castelli vicini avrebbero cercato di accaparrarsi il corpo e le reliquie dell'eremita, ma solo la gente di Sellano sarebbe riuscita a ritrovare la grotta, celata da una fitta ed inconsueta nebbia. Ancora oggi il luogo è meta di pellegrinaggi. I visitatori, dopo aver percorso il ripido sentiero che conduce all'antro, immerso nel verde e nel silenzio, passano la mano sulle pareti umide, e conservano in tasca per tutto l'anno un piccolo frammento di roccia, che preserverebbe il loro corpo dalle malattie. Anche l'acqua di un'altra vicina sorgente è ritenuta benefica contro le infermità: testimonianze storico-letterarie narrano che sia scaturita grazie alle preghiere del Beato Giolo e che le sue acque abbiano guarito nel passato molte persone.
Sul Monte Subasio invece, dove si contano almeno 88 sorgenti, il Fosso delle Carceri sembra essere sinistramente legato ad una sorprendente casistica di sventure. La sorgente che alimenta il fosso ha un carattere intermittente, e sgorga una volta ogni 20 o 30 anni. Contemporaneamente, fonti storiche attestano una particolare incidenza di fatti negativi e disgrazie, tanto che il ridestarsi del torrente è ormai ritenuto un temibile indicatore di calamità.
Al di sotto del Monte Rotondo, nei Sibillini, affiora un'altra sorgente non perenne, chiamata Fonte Matta per il suo bizzarro comportamento. L'acqua infatti, sgorga solo dopo le piogge, ed il regime è talmente variabile che può cessare e ricominciare nell'arco di poche ore. Furono i pastori che frequentavano il luogo, sconcertati dalla discontinua attività della fonte, a darle l'appellativo di “matta”.
Il piccolo lago dell'Aiso, nei pressi di Bevagna, è una sorgiva profonda oltre 15 metri, ma con una superficie di appena 500 metri quadrati. E' conosciuto anche come Lago dell'Abisso o dell'Inferno. Intorno ad esso sono sorte diverse leggende e la più ricordata è quella che narra di Chiarò, un ricco ed avaro agricoltore, che volle trebbiare nel giorno della festività di Sant'Anna, ricorrenza di riposo assoluto dedicata alla devozione alla madre della Madonna. Per tale affronto, l'aia dove si effettuava la trebbiatura sprofondò con tutte le persone che vi stavano lavorando, ed al suo posto si formò immediatamente un laghetto molto profondo. Solo la moglie di Chiarò scampò alla punizione, ma non il suo bambino, che fu sommerso da un getto d'acqua nella zona ove attualmente c'è la piccola sorgente dell'Assillo.

LE ACQUE MINERALI E TERMALI – Accanto alle sorgenti comuni, in Umbria sono numerose anche quelle di acque minerali, in gran parte classificate come oligominerali, cioè con basse percentuali di sali disciolti, e quindi molto leggere. Fra quelle attualmente imbottigliate, molte sono note a livello nazionale, come la Rocchetta di Gualdo Tadino, la Sangemini di Cerreto di Spoleto, e la San Faustino di Massa Martana che ha anche la caratteristica di essere naturalmente effervescente. Le acque di Nocera Umbra poi, dove – alle pendici del monte Pennino - sgorgano le sorgenti Cacciatore, Flaminia e Angelica, sono conosciute fin dal XVI secolo, e cantate dal poeta Aretino Francesco Redi, tanto da dare notorietà a questa piccola città della valle del Topino, che in passato fu per questo motivo residenza estiva di Papi.
La nostra regione annovera anche sorgenti di acque sulfuree e ferruginose, come la fonte del Lecinetto, sotto Narni, le fonti di Parrano, e la sorgente di Fontecchio, nei pressi di Città di Castello. Infine, la sorgente sulfurea dei Bagni di Triponzo è l'unica termale dell'Umbria. L'acqua sgorga infatti ad una temperatura di circa 28-32 gradi, e lo stabilimento termale che un tempo sfruttava queste acque è attualmente in fase di ristrutturazione, per poter essere riaperto all'uso pubblico.
Storicamente, l'Umbria è stata sede di stabilimenti termali fin dall'epoca romana. A Gubbio restano tracce di terme del II secolo d.C., e nel I secolo d.C. Plinio il Giovane, proprietario di una villa nei pressi di Città di Castello, accompagnava la bellissima moglie Calpurnia alle vicine terme (quelle di Fontecchio). Restano tracce di complessi termali anche a Spello, Passignano, Nocera Umbra e tante altre cittadine umbre. Carsulae poi, l'antica città romana, secondo alcune interpretazioni sarebbe stata una sede di svago e relax per le legioni che tornavano a Roma dopo le campagne vittoriose nel Nord Europa. I soldati avrebbero passato a Carsulae una sorta di quarantena prima di entrare nell’Urbe, per evitare il rischio di contagiare con malattie di “importazione” la popolazione della capitale dell’impero. Carsulae, grazie alle acque medicamentose delle sorgenti di Sangemini e al suo clima salubre, poteva rappresentare il luogo ideale dove far attendere gli impazienti legionari, che nel frattempo potevano rilassarsi e rimettersi in forma.
LA QUALITA': BUONA IN VALNERINA, CATTIVA A NARNI - La straordinaria ricchezza di acque sotterranee che può vantare l'Umbria si deve alla particolare conformazione geologica del territorio. L'ossatura montuosa della nostra regione, dove affiora la maggior parte delle sorgenti, è costituita da rocce carbonatiche e calcaree, caratterizzate da una serie ininterrotta di fessure e fratture. L'acqua piovana entra in questi vuoti, e li percorre addentrandosi in complicate reti di cavità sotterranee verticali e orizzontali, chiamate pozzi e gallerie, attraverso cui defluisce per andare a raccogliersi in basso a formare le cosiddette falde, autentici serbatoi naturali di acqua. Le sorgenti relative a questo tipo di rocce, si trovano principalmente sul fianco orientale della Valle Umbra, e interessano una zona compresa grosso modo fra Spoleto e il Monte Cucco, notoriamente ricca di risorgive potenti come quelle di Scirca, Rasiglia, Sassovivo, e le celebri fonti del Clitunno, ai piedi dei monti di Trevi e Campello. Anche la Valnerina, ed i sistemi dei monti Tezio, Malbe, Subasio, i Martani e le strutture montuose di Narni, Amelia e Gubbio raccolgono acque secondo questa modalità. Nel complesso, le aree interessate da questo genere di falde occupano 2.400 chilometri quadrati, vale a dire il 28% del nostro territorio, e restituiscono più di 28.000 litri al secondo di acqua, lungo i letti dei fiumi o in forma sotterranea, e più di 6.000 litri al secondo in forma di sorgenti.
Un altro tipo di falda acquifera presente in Umbria è quello relativo ai depositi alluvionali, caratterizzati da una permeabilità dovuta - anziché a fratture e cavità – alla porosità dei terreni. Le sorgenti di questo genere si trovano lungo l'alta e la media Valle del Tevere, la Conca Eugubina, la Valle Umbra, la Valle del Paglia e la Conca Ternana, per una superficie complessiva di circa 800 chilometri quadrati, pari al 9,5% del territorio regionale. La Valle Umbra in particolare, è stata fin dagli anni '70 ritenuta strategica per l'approvvigionamento di acqua potabile dell'Umbria, ma con il passare degli anni è risultata soggetta a tassi di inquinamento crescenti, che hanno degradato il livello qualitativo e quantitativo del patrimonio idrico. Le indagini effettuate hanno infatti spesso accertato concentrazioni elevate di nitrati, la cui origine viene generalmente ascritta all'uso di prodotti per l'agricoltura.

Il terzo genere di serbatoi naturali presenti in Umbria è costituito dalle rocce vulcaniche della zona orvietana, che coprono una superficie complessiva di circa 100 chilometri quadrati, pari all' 1,2% del territorio regionale.
Per quanto riguarda l'uso potabile, la Valnerina, i Martani e i monti di Gubbio ospitano acque di ottima qualità, mentre le sorgenti del monte Subasio risultano medio-buone, perché hanno una maggiore salinità ed la tendenza ad un carattere solfatico. Le sorgenti dei monti di Narni e Amelia, quantitativamente molto potenti, hanno caratteristiche che purtroppo ne escludono l'uso potabile; la salinità è così elevata da renderle inutilizzabili sia per l'uso municipale, che per quello agricolo o industriale. Si tratta di un patrimonio enorme, pari a circa il 35% delle risorse sotterranee dell'Umbria, ma di pessima qualità.
Daniela Querci - 16/03/2009


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