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L'UMBRIA CHE FRANA



PERUGIA - L'89% dei comuni dell'Umbria è considerato ad elevato o molto elevato rischio idrogeologico. Lo precisa in una nota recente il Presidente dell' ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Irrigazioni) Massimo Gargano. Il rischio idrogeologico – la probabilità che si verifichi una potenziale situazione di pericolosità derivante da frane o inondazioni - comporta quindi un forte impatto sociale ed economico in Umbria, ed è secondo solo a quello sismico. Le frane in particolare, interessano vaste porzioni della nostra regione, mettendo a rischio vite umane e compromettendo ogni genere di opere ed attività. Per affrontare correttamente il problema di difesa e prevenzione dalle frane, è necessario inquadrare questi dissesti nel processo di modellamento generale della superficie terrestre. Geologicamente, l'Umbria è un territorio in via di evoluzione. Le frane rappresentano una delle espressioni attraverso cui questa evoluzione si manifesta. Le colline e le montagne, che ai nostri occhi appaiono forme immutabili nel tempo, in realtà sono sottoposte a continue trasformazioni, generalmente troppo lente perché noi possiamo percepirle. Solo in alcuni casi gli eventi subiscono una repentina accelerazione, ed in pochi attimi la natura svolge un lavoro che altrimenti richiederebbe migliaia o milioni di anni. Non è realistico pensare di poter eliminare del tutto i fenomeni di dissesto. Significherebbe cercare di impedire un normale processo evolutivo. Ma è possibile mitigarne gli effetti, studiando il territorio e pianificandone il suo utilizzo tenendo conto della sua natura.
FRANE: È TUTTA UNA QUESTIONE DI EQUILIBRIO – Il terreno e la roccia che costituiscono il pendio o la scarpata vengono trascinati irresistibilmente verso valle, provocando la frana. Ma perché fino ad un momento prima il versante rimane nella sua posizione? E' tutta una questione di equilibrio. Ogni pendio subisce l'azione della forza di gravità, che lo attira verso il basso, ma in condizioni di stabilità ci sono resistenze interne che lo bilanciano. Determinare e tenere sotto controllo i fattori che tendono a destabilizzare questo equilibrio di forze è pertanto di fondamentale importanza in una regione a rischio com'è l'Umbria. La tipologia e l'assetto del territorio forniscono informazioni importanti. Lungo i versanti della dorsale appenninica, dove affiorano rocce di natura calcarea, i dissesti si manifestano comunemente sotto forma di crolli improvvisi. Dalle pareti si staccano blocchi di materiale. Frammenti di roccia in caduta libera precipitano con velocità elevata al piede della scarpata, generalmente in zone rese instabili da faglie o fratture più superficiali. Nelle aree collinari del settore centrale invece, caratterizzate da terreni e detriti arenacei, la tipologia più frequente di frana è lo scorrimento. Il materiale slitta e scivola più o meno lentamente lungo il pendio, dal quale perde aderenza principalmente per azione dell'acqua. Le frane di questo genere – che sono di gran lunga le più diffuse nella regione – presentano spesso caratteristiche sfruttabili nell'ambito della prevenzione: sono frequentemente precedute da segnali come inclinazioni anomale del terreno, delle piante e delle costruzioni, e da scricchiolii e piccoli dissesti che preannunciano il fenomeno, ed inoltre è probabile che avvengano in aree già interessate da precedenti distacchi, e pertanto tenute sotto controllo con strumentazioni che registrano anche i più piccoli movimenti dei versanti. Nella zona sud-occidentale della regione infine, le formazioni vulcaniche determinano un'evoluzione da dissesto del tutto particolare, come testimoniano i frequenti fenomeni franosi lungo le ripide rupi tufacee. Per quanto riguarda la frequenza nell'arco dell'anno, nella nostra regione la probabilità di incorrere nelle frane si accentua particolarmente nei mesi autunnali, fra Ottobre e Novembre, e si ripropone poi fra Marzo e Maggio, nei periodi in cui le piogge sono più intense e prolungate. Nel contesto dei mutamenti climatici degli ultimi decenni, che volgono verso stagioni aride intervallate da importanti cicli di precipitazioni e forti escursioni termiche, il rischio da frana rappresenta una tematica di un'attualità sempre più allarmante. I terreni, secchi e spaccati durante i periodi di siccità, si imbevono repentinamente di acqua nel corso dei cicli umidi, gonfiandosi e perdendo l'adesione con il substrato. Oltre alle precipitazioni, i terremoti sono fra i maggiori responsabili dell'innesco dei fenomeni franosi. In conseguenza della crisi sismica del 1997-1998 sono state registrate ben 253 frane soltanto nel raggio dei primi 25 Km dagli epicentri delle scosse più importanti.
LE STATISTICHE DELLE FRANE – I rilevamenti di dettaglio effettuati dalla Regione indicano come circa l'8,9% dell'Umbria - vale a dire ben 750 Km2 del territorio - sia in frana. Di questi, 546 Km2 nella provincia di Perugia e 204 Km2 in quella di Terni. Nella provincia di Perugia, i comuni più compromessi sono quelli di Sant'Anatolia di Narco, Montecastello di Vibio, Monte Santa Maria Tiberina di Todi, Pietralunga, Montone, Valfabbrica ed Umbertide, mentre nella provincia di Terni i più colpiti sono Penna in Teverina, Allerona, Castel Viscardo, Giove e Baschi. Come per qualsiasi altra regione dotata di una morfologia del territorio altrettanto movimentata, le frane fanno da sempre parte della storia dell'Umbria. L' Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del CNR di Perugia ha stilato un catalogo dei movimenti franosi avvenuti nella nostra regione, che elenca 1983 eventi di frana occorsi in 1327 località dal 1139 al 2001. Dal catalogo risulta che - fra i 92 comuni dell'Umbria - i più colpiti storicamente sono Todi (con 236 frane), Orvieto (208) e Perugia (149). Nel periodo di tempo preso in considerazione, almeno 9 località sono state colpite oltre 10 volte da frane. L'anno peggiore è stato il 1997, in cui sono state registrate ben 166 frane all'interno dei confini della nostra regione. Le informazioni riguardanti le vittime dei disastri causati dalle frane in Umbria indicano che, fra il 1917 ed il 2005, ci sono stati 47 incidenti provocati da frane, in cui 14 persone sono morte, 2 sono state dichiarate disperse, e 31 ferite in conseguenza diretta di frane provocate da cause naturali. Le lesioni alle strutture risultano in 224 siti in cui sono avvenuti danni ad abitazioni e costruzioni in genere, e 683 siti in cui ad essere pregiudicate più o meno pesantemente da frane sono state strade, tracciati ferroviari o altre vie di comunicazione.
DAI CALANCHI ALLE MESAS: LE FORME DI EROSIONE “ALTERNATIVE” DEL TERRITORIO – L'Umbria è terra di contrasti. Se da un lato frane, alluvioni e terremoti rappresentano la faccia meno benevola della natura, questi stessi eventi, ed il continuo e lento progredire dell’azione modellante delle acque superficiali, concorrono a rendere il paesaggio umbro tra i più pittoreschi ed apprezzati dell’intero territorio nazionale. Nella zona di Ficulle e Allerona (Terni), il tipico paesaggio delle dolci e verdeggianti colline umbre muta gradatamente aspetto. La morfologia dei rilievi diventa più aspra e tormentata, quasi caotica, evidenziando la sua continua ed incessante evoluzione. Le forme predominanti dei versanti sono rappresentate dai calanchi, dichiarati patrimonio naturale per il loro suggestivo aspetto. Si tratta di morfologie tipiche dei depositi argillosi, che si sviluppano su versanti collinari ad opera dell'erosione causata dalle acque superficiali. I terreni più facilmente erodibili vengono incisi profondamente dalle acque di ruscellamento superficiale, che producono profondi canaloni separati da aride e friabili creste affilate. Il paesaggio a calanchi – tipico di ambienti climatici semiaridi, in cui precipitazioni intense e concentrate aggrediscono fortemente i suoli che per buona parte dell'anno rimangono pressoché privi di acqua – rappresenta un'espressione intensa e suggestiva della potenza del modellamento delle acque superficiali sul territorio. Per la loro spettacolarità, i calanchi dell'Umbria sono stati associati alle spettacolari forme calanchive del Badlands National Park, nel Sud Dakota (USA). Anche all'estremità sud-occidentale della regione, la natura esprime la sua dinamica vitalità dovuta al modellamento degli agenti esterni, rivelandosi in creazioni dolcemente selvagge. A 7 Km da Orvieto, il borgo di Rocca Ripesena è situato ai piedi di un grande masso tufaceo di forte impatto visivo. La rupe, insieme a quella di Rocca Sberna, evidenzia caratteristiche geologiche e morfologiche simili a quelle del colle di Orvieto. I blocchi tufacei prorompono dalla pianura rigogliosa, innalzandosi improvvisamente come sculture di un museo naturale. La loro morfologia è il risultato dell'attacco selettivo degli agenti esterni. I depositi argillosi, che si trovano ai piedi delle formazioni vulcaniche, vengono modellati molto più facilmente dei depositi vulcanici. Essendo meno resistenti, vengono erosi e trasportati nelle valli, mentre gli strati più duri rimangono nel luogo originario. Gli strati più resistenti formano i pendii o gli "scalini", mentre gli strati più morbidi formano rampe o curve tra i pendii. Le colate di lava, in particolare, determinano la base piatta delle rupi e sono particolarmente resistenti all'erosione. Nel corso del tempo, l'erosione ha quindi agito in modo selettivo, aggirando i blocchi di materiale più resistente, e producendo formazioni di grande impatto visivo, che vengono denominate mesas. Anche queste sono morfologie tipiche di paesaggi aridi. Particolarmente famose quelle spagnole e degli Stati Uniti (la più suggestiva è la Grande Mesa del Colorado occidentale).
Daniela Querci - 27/10/2008

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