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PIETRE DI FULMINE

TALISMANI MISTERIOSI E AFFASCINANTI - Chi di noi non è mai stato tentato dal misterioso fascino di possedere un talismano, scagli la prima pietra. Se la biblica citazione - nel contesto del mondo magico in cui è inserita - può sembrare quasi blasfema, una visita al Museo Archeologico Nazionale di Perugia dimostrerà che in realtà non è così irriverente. Oltre ad essere calzante anche da un punto di vista strettamente letterale. Molti degli amuleti esposti nella ricca collezione donata dallo scienziato perugino Giuseppe Bellucci, contengono infatti precisi riferimenti religiosi, e proprio le pietre sono fra i materiali prediletti utilizzati come portafortuna e scaccia-guai di ogni genere.
 



GLI AMULETI NEOLITICI - Le levigate accette in pietra verde del periodo neolitico erano considerate veri e propri talismani contro i fulmini, che si riteneva cadessero giù dal cielo con moto rettilineo incenerendo le persone solo sfiorandole, mentre le punte di selce avevano potere contro le saette, che nella tradizione popolare precipitavano a zig-zag, straziando uomini ed animali e colpendo edifici. Lo scoprì Giuseppe Bellucci, figura di spicco nell'attività scientifica universitaria di Perugia fra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, più volte preside di facoltà, nonché rettore dell'ateneo. Oltre ad insegnare chimica, Bellucci era un appassionato paletnologo, e condusse varie campagne mirate all'individuazione di insediamenti preistorici ed al reperimento di manufatti litici nella nostra regione. Nel corso delle sue ricerche notò che spesso i contadini conservavano gelosamente gli antichi reperti rinvenuti casualmente nel corso dei lavori agricoli, e che difficilmente erano disposti a cederli o a venderli. Si rese conto che le lame e le accette neolitiche non erano interpretate correttamente, ossia come manufatti di antiche popolazioni, ma erano considerate oggetti naturali, scaglie materiali di fulmini caduti dal cielo, e che – come tali – avessero la proprietà di proteggere i loro possessori da quelle calamità. Venivano conservate con cura, racchiuse in sacchetti di stoffa o pelle o incastonate in argento, e si credeva fermamente che potessero proteggere persone e abitazioni da tali pericoli meteorici.
RITI MAGICI E RELIGIOSI – Bellucci restò talmente affascinato dalla fitta ed intricata rete di credenze che si celava dietro quei piccoli oggetti, che continuò ad indagare, scoprendo che le pietre di fulmine erano soltanto un capitolo del vastissimo libro delle superstizioni popolari, e che nelle campagne vigeva una illimitata fiducia nelle virtù degli amuleti, diversi per sostanza, forma ed applicazioni, ma tutti in grado di prevenire o curare mali e calamità naturali. Allargando il campo delle proprie indagini, scoprì che c'erano profonde differenze fra gli amuleti utilizzati per proteggere le persone e quelli indicati per tutelare i raccolti, ad esempio dalla grandine. Mentre i primi bastava possederli e conservarli con cura, i secondi funzionavano solo in virtù di complicati rituali e pratiche articolate, che quasi sempre erano associate alle cadenze liturgiche e devozionali della Chiesa. Fra la vigilia di Natale e la festa dell'ascensione, con modalità e tempi variabili da zona a zona, gli uomini puntavano i fucili contro le nuvole, sparando a salve o caricando le armi con proiettili contenenti frammenti delle candele accese durante la festa della Madonna Candelora, e foglie di ulivo benedetto sminuzzate. Le donne e i bambini rivolgevano preghiere a San Vincenzo (protettore dalla grandine) e a Santa Barbara (contro i fulmini), e scagliavano nell'aia attrezzi di ferro, in modo che – sovrapponendosi – formassero delle croci. Se tutto questo non si dimostrava sufficiente, si procedeva con l'operazione ritenuta in assoluto la più efficace, ma anche la più pericolosa: proiettare violentemente all'esterno la catena del focolare.
PER TUTTI, MA NON PER TUTTO – Bellucci indagò anche sul perché riti ed amuleti si rivolgessero solo a proteggere da particolari eventi naturali, mentre per altri, anche ben più disastrosi come i terremoti, sembravano non esserci strumenti di salvaguardia. Le sue riflessioni lo portarono alla conclusione che questo dipendesse da una sorta di selettività intrinseca ai fenomeni stessi. I terremoti colpiscono indistintamente tutta la popolazione ed i beni materiali all'interno di un'area più o meno vasta, mentre fulmini, grandine e saette possono causare danni molto gravi in punti specifici del territorio, e risparmiarne totalmente altri. La grandine può rovinare il raccolto in una stretta fascia di terreno, ed evitare del tutto i campi limitrofi. Il fulmine può uccidere una persona, e graziare quella al suo fianco. Come se – in qualche modo – avessero la facoltà di scegliere. In quest'ottica, aveva quindi senso cercare di proteggersi da un certo tipo di eventi, mentre era irragionevole cercare di evitare ciò che colpisce indiscriminatamente, come un terremoto.
LE PIETRE AQUILINE E GLI AMULETI “DI PASSAGGIO” – Tutt'altro genere di talismani era dedicato ai periodi di passaggio, alle fasi in cui le persone, nel corso della propria vita, si trovavano ad affrontare momenti particolarmente critici. E così, durante il fidanzamento, quando non si è ancora sposati ma non si è più neanche completamente liberi, o nella prima notte di matrimonio, quando si è già socialmente coniugati ma non lo si è ancora carnalmente, si sentiva il bisogno di essere protetti. E a maggior ragione nel corso della gravidanza, in cui è avvenuto il concepimento ma non ancora il parto, o prima che il bimbo abbia ricevuto il battesimo, nel periodo di tempo in cui è biologicamente vivo ma non lo è socialmente, si usava portare addosso le cosiddette pietre aquiline o pietre gravide. La tradizione vuole che siano pietre raccolte dalle aquile, e portate nel proprio nido affinché sia possibile – e vada a buon fine – la procreazione. In Umbria, già nella seconda metà del 1600, i poteri delle pietre aquiline erano conosciuti e decantati. In un foglio stampato a Todi su commissione di un venditore ambulante, vengono ampiamente descritte e magnificate le proprietà di queste pietre, ed illustrati i luoghi dove venivano raccolte, sulle pendici di un monte nei dintorni di Castel Todino. In realtà si tratta di ciottoli di forma ovoidale, concrezioni carbonatiche presenti in alcuni strati argillosi che – a causa del distacco di alcune parti interne – se vengono scossi producono un rumore più o meno accentuato. Secondo le credenze popolari, funzionerebbero come una calamita: legate alle parti alte del corpo, come il collo o il braccio sinistro, manterrebbero il feto nel ventre della madre, prevenendo l'aborto.


Spostate in basso e legate alla coscia sinistra faciliterebbero il parto. Da molto tempo ormai queste pratiche sono state abbandonate, grazie alla medicalizzazione ed alla ospedalizzazione della gravidanza, che hanno fortemente contribuito ad indirizzare le aspettative di protezione e rassicurazione della popolazione verso la scienza medica, a scapito delle pratiche superstiziose. Ma ancora oggi sussistono delle convinzioni difficili da scardinare. La più diffusa è quella riguardante le voglie alimentari materne, che – se non soddisfatte – lascerebbero segni indelebili sulla pelle dei neonati. La medicina non possiede ancora strumenti per prevedere o evitare la presenza di angiomi nei nascituri, e quindi l'ideologia popolare continua, in questo caso, a rimanere l'unico elemento con funzione rassicurante.
Daniela Querci (Da: Il Corriere dell'Umbria, 08/06/2009)

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