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PARLA IL TRASIMENO: INTERVISTA ESCLUSIVA AL LAGO AGONIZZANTE





PERUGIA - In questi giorni si parla molto del Trasimeno. Della crisi idrica che lo attanaglia, dei motivi della sua agonia, le cui responsabilità vengono di volta in volta indirizzate ai recapiti più disparati, e delle diverse vie percorribili per un suo (possibile?) risanamento. Ma se il lago potesse rilasciare un'intervista, cosa ci direbbe al riguardo?
Come si sente? - Non bene, ultimamente. Grazie per l'interessamento. Ve ne siete accorti solo adesso, ma sono secoli che vivo di stenti. Ogni tanto ho anche dei periodi buoni. Come si suol dire... alti e bassi... letterali, nel mio caso. C'è stato un tempo, sarà stato il 1000, 1250, non ricordo bene. Faceva un caldo! E non pioveva. Adesso quel periodo lo chiamano Caldo Medioevale. Le mie acque si abbassarono molto in quella circostanza. Ma superai la crisi. Verso il 1450 poi, un freddo tremendo. Non potete neanche immaginarlo. E sembrava che non volesse più smettere di piovere. Eravamo nel pieno di quella che poi denominarono la Piccola Era Glaciale. Allora sì che ne avevo, di acqua! Anche troppa. Straripai e inondai. Allagai coltivazioni, strade e interi paesi, provocando parecchi problemi agli abitanti del luogo. E queste crisi si sono ripetute così tante volte nel tempo che ormai ci sono abituato, e non le conto più. Vedete, il mio malessere è genetico. Ci sono nato. Ricevo acqua solo dalle precipitazioni che cadono dentro al mio bacino imbrifero, il territorio in pendenza che mi circonda. Grazie al cielo, i miei fondali e tutto il terreno circostante poggiano su strati rocciosi impermeabili che trattengono l'acqua, altrimenti non sarei mai nato, ma quando la quantità di pioggia si discosta da quello che per me rappresenta l'optimum, sono guai seri. Anche perché non ho emissari. E' dal tempo dei Romani che cercano di aiutarmi, costruendo canali artificiali che convoglino via le mie acque quando cresco oltre un certo limite, e deviando torrenti e corsi d'acqua verso di me quando il mio livello si abbassa troppo. Ci fu un tale, intorno al 1420, che cercò di aiutarmi facendo costruire un canale per tenere sotto controllo le mie acque.
Ricordo ancora il suo nome: Braccio Fortebraccio. Era una persona importante. Il Signore di Perugia. Ma di canali non è che se ne intendesse molto. Poi si interessarono a me anche grandi scienziati. Potrei citare i nomi illustri di Fontana, Maderno e Torricelli. Castelli, addirittura, ideò il primo pluviometro della storia, nel 1639, pensando a come risolvere il mio particolare caso.
Anche quando, come oggi, il livello delle sue acque si abbassa in modo preoccupante, il suo livello intellettuale sembra non soffrirne affatto. Continui il suo racconto. - Ne ho avute di avventure! Fin dall'inizio. Sono l'unico lago italiano originato da un movimento tettonico. E la mia caratteristica forma a “8” è dovuta all'azione di una faglia che mi attraversa, da Torricella a Castiglione del Lago. Il mio nome poi, è legato ad una antichissima leggenda secondo cui il principe Trasimeno, figlio del dio Tirreno, annegò nelle mie acque stordito dal canto suadente della ninfa Agilla, che tentava di sedurlo.
Ma senza indugiare oltre lungo il viale dei ricordi, posso dire che il problema lo avevano capito, anche se non disponevano dei mezzi e delle capacità tecniche necessarie per attenuare le mie sofferenze. Io – in tre parole - dipendo dal clima. In questo momento di siccità sto praticamente evaporando.
Nell'ottica del riscaldamento globale dell'atmosfera, dovuto all'effetto serra provocato dalle attività umane, le sue prospettive future appaiono quindi a dir poco disperate. E la responsabilità è tutta nostra. - Mi permetta una precisazione. Tengo a ribadire che le variazioni climatiche cicliche sono endemiche del pianeta. Non dipendono solo dalle emissioni artificiali di gas serra di cui gli uomini sono responsabili, ma anche da origini naturali, come è accaduto in passato, quando l'uomo non c'era, e quando c'era ma non era ancora in grado di produrre i cloro-fluoro-carburi. Io ne ho testimonianza diretta. E ci sono numerosi studi che lo confermano. Detto questo, non nascondo la criticità delle mie attuali condizioni. Ed una parziale responsabilità umana nell'aggravamento delle stesse.
In che cosa consiste allora la parte di responsabilità umana, e come si potrebbe rimediare al danno arrecatole? - La mia situazione è stata complicata dal costante aumento della pressione antropica. L'espansione delle zone urbanizzate intorno al mio bacino ha avuto come conseguenza un incremento dei carichi inquinanti, che si è sommato a quello dell'attività agricola ed al depauperamento dovuto al tradizionale utilizzo delle mie acque per uso irriguo. In periodi di scarsa piovosità e di aumento della temperatura - come quello in cui stiamo attualmente vivendo - queste funzioni si concretano in un deterioramento qualitativo dell'acqua. Semplicemente, più acqua evapora, più aumenta la concentrazione degli agenti inquinanti nell'acqua che rimane. L'impatto negativo di questo trend sull'ecosistema e sulle attività economiche e turistiche non ha bisogno di essere prospettato. Vorrei inoltre puntualizzare come, pur essendo state portate a compimento un numero di opere significative per la regimentazione delle mie acque dalla fine del XIX secolo ad oggi, non tutte sono state mantenute sempre efficienti, e questo è andato a scapito della loro funzionalità. Purtroppo in questo momento, benché consistente, il semplice risanamento delle opere già esistenti non sarebbe determinante. Per risolvere la crisi una volta per tutte – ipotizzando che il clima, pur proseguendo nelle sue oscillazioni, non muti drasticamente - avrei bisogno di un apporto cospicuo di acque. Ben regolato sia in entrata che in uscita. L'insidia dello straripamento è stato giustamente definito un problema strisciante da non sottovalutare. In definitiva, trovo la mia situazione estremamente seria, ma non ancora irrecuperabile.
Nonostante tutto, ha ancora speranze. Qual'è la ricetta del suo ottimismo? - Non è ottimismo. E' una sensibilità del tempo, del divenire, profondamente differente da quella umana. E che l'uomo – per sua natura – non sarà mai in grado di apprezzare. Sono il lago più antico d'Italia.

Ero già qui più di un milione di anni fa. Forse diventerò palude, e poi di nuovo lago. Le fasi che attraverserò in poche centinaia di anni non sono degne di essere tenute in così alta considerazione, per la mia personale concezione del tempo. Purtroppo, non credo si possa dire altrettanto di voi.
Daniela Querci - 15/09/2008

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