
GLI AMULETI NEOLITICI - Le levigate accette in pietra verde del periodo neolitico erano considerate veri e propri talismani contro i fulmini, che si riteneva cadessero giù dal cielo con moto rettilineo incenerendo le persone solo sfiorandole, mentre le punte di selce avevano potere contro le saette, che nella tradizione popolare precipitavano a zig-zag, straziando uomini ed animali e colpendo edifici.


RITI MAGICI E RELIGIOSI – Bellucci restò talmente affascinato dalla fitta ed intricata rete di credenze che si celava dietro quei piccoli oggetti, che continuò ad indagare, scoprendo che le pietre di fulmine erano soltanto un capitolo del vastissimo libro delle superstizioni popolari, e che nelle campagne vigeva una illimitata fiducia nelle virtù degli amuleti, diversi per sostanza, forma ed applicazioni, ma tutti in grado di prevenire o curare mali e calamità naturali. Allargando il campo delle proprie indagini, scoprì che c'erano profonde differenze fra gli amuleti utilizzati per proteggere le persone e quelli indicati per tutelare i raccolti, ad esempio dalla grandine. Mentre i primi bastava possederli e conservarli con cura, i secondi funzionavano solo in virtù di complicati rituali e pratiche articolate, che quasi sempre erano associate alle cadenze liturgiche e devozionali della Chiesa.

PER TUTTI, MA NON PER TUTTO – Bellucci indagò anche sul perché riti ed amuleti si rivolgessero solo a proteggere da particolari eventi naturali, mentre per altri, anche ben più disastrosi come i terremoti, sembravano non esserci strumenti di salvaguardia.

LE PIETRE AQUILINE E GLI AMULETI “DI PASSAGGIO” – Tutt'altro genere di talismani era dedicato ai periodi di passaggio, alle fasi in cui le persone, nel corso della propria vita, si trovavano ad affrontare momenti particolarmente critici. E così, durante il fidanzamento, quando non si è ancora sposati ma non si è più neanche completamente liberi, o nella prima notte di matrimonio, quando si è già socialmente coniugati ma non lo si è ancora carnalmente, si sentiva il bisogno di essere protetti. E a maggior ragione nel corso della gravidanza, in cui è avvenuto il concepimento ma non ancora il parto, o prima che il bimbo abbia ricevuto il battesimo, nel periodo di tempo in cui è biologicamente vivo ma non lo è socialmente, si usava portare addosso le cosiddette pietre aquiline o pietre gravide. La tradizione vuole che siano pietre raccolte dalle aquile, e portate nel proprio nido affinché sia possibile – e vada a buon fine – la procreazione. In Umbria, già nella seconda metà del 1600, i poteri delle pietre aquiline erano conosciuti e decantati. In un foglio stampato a Todi su commissione di un venditore ambulante, vengono ampiamente descritte e magnificate le proprietà di queste pietre, ed illustrati i luoghi dove venivano raccolte, sulle pendici di un monte nei dintorni di Castel Todino. In realtà si tratta di ciottoli di forma ovoidale, concrezioni carbonatiche presenti in alcuni strati argillosi che – a causa del distacco di alcune parti interne – se vengono scossi producono un rumore più o meno accentuato. Secondo le credenze popolari, funzionerebbero come una calamita: legate alle parti alte del corpo, come il collo o il braccio sinistro, manterrebbero il feto nel ventre della madre, prevenendo l'aborto.

Spostate in basso e legate alla coscia sinistra faciliterebbero il parto. Da molto tempo ormai queste pratiche sono state abbandonate, grazie alla medicalizzazione ed alla ospedalizzazione della gravidanza, che hanno fortemente contribuito ad indirizzare le aspettative di protezione e rassicurazione della popolazione verso la scienza medica, a scapito delle pratiche superstiziose. Ma ancora oggi sussistono delle convinzioni difficili da scardinare. La più diffusa è quella riguardante le voglie alimentari materne, che – se non soddisfatte – lascerebbero segni indelebili sulla pelle dei neonati. La medicina non possiede ancora strumenti per prevedere o evitare la presenza di angiomi nei nascituri, e quindi l'ideologia popolare continua, in questo caso, a rimanere l'unico elemento con funzione rassicurante.
Daniela Querci (Da: Il Corriere dell'Umbria, 08/06/2009)
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